La COP26 sta facendo discutere non poco in questi giorni, l’evento vede la presenza di un dibattito polarizzato evidente e incisivo. C’è chi bolla la conferenza sui cambiamenti climatici come passerella politica fine a sé stessa, c’è chi reputa l’incontro come un cambio di registro e una presa di coscienza reale rispetto al passato. Tuttavia il problema resta sempre lo stesso: l’urgenza di cambiare modelli di sviluppo per salvare il Pianeta.

Già Greta Thunberg all’inizio dei lavori aveva apertamente criticato il meeting di Glasgow, secondo la paladina dell’Ambientalismo l’obiettivo principale dei leader della Politica mondiale è solo quello di preservare lo status quo, trovando il favore dei suoi estimatori. Anche Barack Obama è stato duro con i suoi stessi colleghi, tuttavia è stato subito ripreso dall’attivista Vanessa Nakate che, su Twitter, ha ricordato all’ex Presidente degli Stati Uniti che quando lei aveva 13 anni erano stati promessi 100 miliardi di dollari per i cambiamenti climatici e gli USA hanno tradito la promessa fatta. Insomma come si può notare sembrano tutti stare dalla stessa parte, ma forse quello che manca è l’ascolto e il confronto sui vari livelli. Manca la concertazione tra Politica, Attivisti e Finanza.

Il Presidente del Comitato tecnico-scientifico di Patto Ecologista Riformista, Fiorello Cortiana, ha quindi voluto approfondire il grande dibattito e scontro in atto: “Nonostante un lento spostamento verso le rinnovabili, la finanza pubblica internazionale rimane sbilanciata a favore dei progetti fossili. Nel 2020, secondo le stime di Bloomberg, le sole nazioni del G-20 hanno contribuito con quasi 600 miliardi di dollari a progetti di petrolio, gas e carbone”. Secondo Cortiana, ora nel pieno della seconda settimana della COP26, quella della definizione degli impegni e dei controlli dell’attuazione dei cambiamenti, devono essere almeno 3 i punti più importanti:

1- impegni effettivi a limitare il riscaldamento a +1.5 gradi alla fine del secolo, quindi le regole di la trasparenza per rendicontare annualmente le emissioni;

2- un fondo di 100 miliardi/anno per i paesi in via di sviluppo, con l’assistenza tecnica ai paesi in caso di danni climatici. (L’Italia ha aumentato il contributo a 1.4 miliardi/anno, ma dovrebbe darne 4);

3- tagli su carbone, metano e deforestazione.

Oltre all’impegno preso c’è però da considerare l’impegno collettivo della società nella società. Ognuno di noi è chiamato ad esprimere una coscienza di specie, a condividere competenze, esperienze e buone pratiche, ad avere costumi e consumi sostenibili, ad essere partecipe e non spettatore del movimento dei giovani di tutto il mondo che vuole avere una partecipazione informata al processo deliberativo.