La Giornata Internazionale della Montagna, non è stata proclamata per celebrazioni istituzionali che si caratterizzano per un fiume di parole e per l’occasione mondana di una passerella alla presenza delle principali autorità, bensì per porre attenzione ad una realtà (quella dei territori montani) che oltre a rappresentare un problema, costituiscono una vera opportunità.

L’istituzione di questa giornata va riconosciuta come un’iniziativa di grande significato ed è davvero importante in quanto coglie il segno dei tempi; un’iniziativa che considera la Montagna come punto centrale per la salvaguardia e la crescita sostenibile del nostro Pianeta (la casa comune –cit. papa Francesco-).

Anche da noi è bene che la politica torni a riflettere sulla montagna e sulla sua attualità alla luce della/e pandemia/e  e della necessaria transizione ecologica; si tratta infatti di un’ irrinunciabile opportunità per il rilancio del Paese e per la sua coesione sociale, nella logica di quel cambio di paradigma necessario per lo sviluppo sostenibile ed il cambiamento degli stili di vita. 

Il rilancio della Montagna specie alla luce del PNRR, deve assumere una maggiore centralità per dare un significativo contributo a quell’obbiettivo della transizione ecologica che significa, anche, energie rinnovabili, lotta al dissesto idrogeologico e riduzione delle nuove cementificazioni attraverso il recupero del patrimonio immobiliare di cui sono ricchi le aree rurali. 

Oggi i territori montani sono certamente giacimenti di risorse naturali possibili di una virtuosa valorizzazione ma sono anche, allo stesso tempo, aree abitate, con grandi disagi e problematiche per le comunità locali dei residenti, infatti non a caso si parla di resilienza mentre la vera sfida per ilmfuturo non deve essere la sopravivenza ma il protagonismo.

Infatti queste aree sono strategiche per lo sviluppo sostenibile del Paese, in una logica d’integrazione fra i sistemi territoriali, per la crescita e la sicurezza del territorio, nonché per garantire una ricchezza identitaria ed economica basata sul valore della diversità, della tipicità e della biodiversità.

Per questa ragione, anzitutto, accanto ad un modello di sviluppo appropriato e pluralista, è condizione necessaria, per la sua realizzazione, la costruzione di un adeguato modello di governance territoriale, incentrata sugli Enti Locali e su alcuni Enti funzionali che svolgono determinate funzioni a livello sovracomunale. 

In seconda battuta è decisiva una rete di servizi essenziali per i cittadini, in campo scolastico, sanitario, di servizi pubblici in generale, che attraverso livelli organizzativi decentrati garantiscano non solo il servizio in sé, ma la presenza sul territorio di opportunità lavorative e quindi di esperienze diversificate che sono alla base di una società plurale e solidale. 


Inoltre, visto che la struttura fisica del territorio ha, naturalmente, un’incidenza decisiva, le scelte dovranno essere coerenti; siccome un territorio in cui i collegamenti stradali e ferroviari, come le connessioni di rete tecnologica, devono superare valli e montagne é un territorio oggettivamente svantaggiato, si tratta, d’intervenire per elaborare quello svantaggio e valorizzarne le potenzialità. 

Decisivo in tal senso, è evitare la separazione tra le città del fondovalle e le valli, nonché tra le città e le vallate; per questo è necessario intervenire per rinforzare la struttura delle relazioni tra città e valli, che é sempre stata alla base del modello socio-economico alpino. 

Infine le particolari condizioni ambientali dei territori di montagna (fragilità, acclività, isolamento) richiedono, a garanzia del loro possibile sviluppo sociale ed economico, il riconoscimento del ruolo fondamentale di salvaguardia del nostro ecosistema attraverso l’introduzione dei PSEA che garantirebbero risorse dirette, a favore dell’autogoverno dei territori di montagna, nell’obiettivo di arrestare lo spopolamento a tutto vantaggio della montagna vissuta. 

La montagna abbandonata, anche se tutelata da Parchi e Riserve, non giova a nessuno e genera costi elevati nelle terre basse, soprattutto in conseguenza del venir meno della quotidiana manutenzione e monitoraggio (a basso costo) che la residenzialità attiva degli abitanti produce. 

In un territorio montano saldamente presidiato dai residenti, i costi per la comunità statale sono minori e tali da non giustificare forme di assistenzialismo mortificanti ed improduttive.

Con queste idee P.E.R. intende contribuire alla riflessione generale sul futuro delle Montagne italiane e ritiene prioritario condividere, con tutti i rappresentanti e gli stakeholders della montagna, che la condizione necessaria per abitare in montagna, sia, dopo la salvaguardia ambientale da ogni speculazione, quella di trovarvi lavoro ed una qualità della vita, con standard qualitativi, alla pari di quelli delle aree urbanizzate. 

Pontremoli 12/12/2021

                                                                                                     Enrico Petriccioli